di Romano Mattè

ANATOMIA TECNICO-TATTICA DI UNA SALVEZZA LAST MINUTE

L’Hellas è salvo, evviva l’Hellas! L’obbiettivo primario e fondamentale è stato raggiunto, talché Zanetti ha giustamente dichiarato: “Mi sono state chieste salvezza e valorizzazione del capitale giocatori: obbiettivi raggiunti”.

Tutto perfettamente vero, la salvezza è pur sempre un grande risultato ma la vera domanda è: tutto questo, nonostante una rosa di giocatori con dei limiti oggettivi poteva essere raggiunta prima dell’ultima gara? La risposta è affermativa: non si doveva arrivare all’ultima giornata per giocarsi la salvezza contro una diretta pericolosa concorrente (Empoli) e per di più fuori casa. La buona sorte ha voluto che la fulminea rete di Serdar (dopo soli 3’!) desse all’Hellas un vantaggio psico-tattico fondamentale, più tranquillità e giocate di ripartenza. La lettura delle caratteristiche e dei limiti del materiale umano a disposizione doveva essere fatta tempestivamente. Non è questione di moduli di gioco: questi vanno calati sugli uomini (fu questo l’errore-limite del calcio sacchiano a suo modo rivoluzionario per tanti aspetti) ma un’attenta, umile, rigorosa lettura delle potenzialità e dei limiti degli uomini a disposizione doveva dettare il modulo di gioco.

Se si dispone di un solo vero play (Duda) questo va messo nelle condizioni di fornire alla squadra la maggiore qualità possibile (tempi di gioco con accelerazioni e decelerazioni, tempi di uscita e di copertura degli esterni bassi, i vecchi terzini, e alti, le vecchie ali) e pertanto per avere tutto questo si doveva sottrarre a Duda la quantità.

Il precedente storico del passaggio di Pirlo, dato per spento, dal Milan alla Juve di Conte è plasticamente indicativo: don due mastini ai lati, dopo aver tentato invano un improbabile “4-2-4”, Pirlo divette per più stagioni uno dei migliori play del mondo. Pertanto centrocampo a tre, sollevando Duda dalla quantità e dando al contempo maggiore copertura a una linea difensiva spesso vulnerabile ma, se adeguatamente coperta, difficilmente perforabile. Lo si è visto in più occasioni (anche ad Empoli, nonostante i 12 calci d’angolo concessi agli avversari). Inoltre un reparto di mezzo “a 3” può consentire più partenze a sorpresa dalle retrovie e rendendo più imprevedibile la fase offensiva. Il polacco Dawidowitz, ringhioso marcatore-incontrista, ammirevole per tenacia e applicazione, andava tenuto il più lontano possibile dall’area non avendo il passo corto del difensore.

Il giovane talentuoso trequartista Suslov (schierato talvolta anche in fascia e costretto a inseguire gli esterni bassi avversari) può giostrare efficacemente solo in tre formule offensive: “1+2”, “2+1” e “1+1” alle spalle dell’unica punta. Deve però essere messo nelle condizioni di fornire assist-gol e di finalizzare a sua volta.

È mancata una punta centrale fisicamente potente. Tengstedt, piacevole sorpresa, è solo un’ottima spalla per una punta centrale che sappia inchiodare palla là davanti (vedi Toni e Djuric) per consentire di prendere campo, che dia senso tattico compiuto alla costruzione lunga dalle retrovie, agli assist-cross dal fondo largo e dalla tre-quarti laterale fornendo assist a ritroso alle seconde o terze linee in libera, imprevedibile proiezione verticale. Questa lacuna non è stata colmata da Sogliano (grande uomo-mercato, sia detto senza piaggeria) per evidenti difficoltà economiche.

La serena, intelligente coscienza dei propri limiti è un grande punto di forza. Non c’è vergogna a schierarsi e disporsi corti-compatti (sia verticalmente che orizzontalmente, questo in fase di non possesso) e puntare su ripartenze individuali palla a terra, le più adatte alle caratteristiche delle punte a disposizione. Non c’è vergogna nel praticare il vecchio catenaccio e il contropiede che la moderna ipocrita narrazione cartacea e mediatica chiama densità difensiva e ripartenza, se tutto questo garantisce la salvezza. Con Tudor, ma soprattutto con Juric, le ripartenze erano collettive, tatticamente soffocanti per gli avversari, che veniva chiusi spesso in un abbraccio mortale.

Concludendo: la salvezza obbiettivo primario si poteva raggiungere prima dell’ultimo angosciante-spareggio di Empoli. Tuttavia, come recita un vecchio adagio, tutto è bene ciò che finisce bene: l’Hellas è salvo, onore all’Hellas con un plauso a Sogliano-Zanetti e all’intero staff per il risultato raggiunto. La sofferenza, sino all’ultimo miglio ha forse reso il tutto più bello.

#

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *